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Il declino delle api selvatiche


Api domestiche vs api selvatiche

Per quanto riguarda il declino delle api, ci sono due considerazioni: la prima è che bisogna separare l'ape domestica, anche detta ape da miele, dalle api in senso lato.


L'ape domestica è quella di cui tutti noi impariamo a scuola, quella con regina, operaie e fuchi, che vive in colonie numerose e viene spesso tenuta in arnie gestite da un apicoltore. Potremmo definirla l'ape "classica". Ebbene, questa specie (scientificamente nota come Apis mellifera) non è affatto in difficoltà, anzi, la sua popolazione complessiva non è mai stata così alta. L'uomo la tratta come il bestiame, allevandola, proteggendola dalle avversità quali parassiti e predatori, e moltiplicandola a piacimento. È cosi diventata una delle specie di insetti più abbondanti a livello globale. È quanto di più lontano possa esserci dal rischio di estinzione.


Quando si parla di api in pericolo, però, s'intende tutte le altre api, quelle diverse dalla mellifera, quelle così dette "selvatiche". Ve ne sono migliaia di specie diverse, e hanno tutte nomi latini come Bombus, Osmia, Xylocopa, Megachile, Lasioglossum, Anthidium, Andrena e molte altre (si stima, solo in Italia, oltre 900 specie diverse). Questi sono nomi spesso oscuri ai più: solo chi è del settore solamente li conosce. Ma si tratta in realtà di creature facilmente rinvenibili nel nostro giardino. Nel collettivo, tutte queste tipologie di api compongono le api selvatiche. A differenza dell'ape da miele, queste specie non sono né allevate dall'uomo - in quanto quasi sempre solitarie, pertanto prive di colonie e alveari - né oggetto di protezione specifica di alcun genere. Ed è per questo che molte di esse sono attualmente considerate in pericolo. Sono loro le api sulle quali dovremmo focalizzare gli sforzi conservazionistici, al contrario dell'ape da miele, che è già più che abbondante. Pertanto, diffidate di tutte quelle iniziative che vi propongono di fare una donazione per "adottare un alveare a distanza", oppure "piazzare 10 arnie nel posto X" e simili. Non è così che si aiutano gli impollinatori, anche se personalità scientifiche con un certo seguito sponsorizzano tali iniziative che si spacciano per paladine della biodiversità.


Perché le api selvatiche sono in declino?

La seconda considerazione riguarda la motivazione del declino delle api selvatiche. Appurato che sono loro a essere in pericolo e non le api da miele, bisogna capire come mai. La ricerca disponibile è ancora scarsa e sono stati ipotizzati svariati colpevoli, fra cui il riscaldamento globale, l'uso eccessivo di pesticidi e persino la competizione con l'ape domestica, che dove allevata in alte densità potrebbe finire per affamare le altre specie. Tuttavia, nessuno di questi fattori sembra spiegare in modo soddisfacente il declino della biodiversità delle api.


Alcuni studi hanno suddiviso in vari gruppi/generi le api selvatiche e li hanno guardati singolarmente. Ne è emerso che i gruppi che hanno subito un maggiore declino sono quelli costituiti da specie monolettiche o oligolettiche, vale a dire specie che possono impollinare solo una determinata categoria di fiori, spesso una sola specie floreale. In molti casi, a una certa pianta corrisponde una precisa specie di ape che impollina solo quella. È chiaro che se si rimuove quella pianta dall'ambiente, ad esempio estirpandola, la specie di ape che ne dipende sparirà anch'essa.


I gruppi di api che invece sono definiti polilettici, ovvero in grado di nutrirsi su una ampia varietà di piante, hanno mostrato un declino molto meno accentuato. Questo ci porta a concludere che la maggior causa del declino della biodiversità di api sia il declino della biodiversità delle piante. Questa, a sua volta, può dipendere da vari fattori: alcune piante crescono solo in un determinato tipo di ambiente che le rende vulnerabili al cambiamento. Se, ad esempio, una pianta acquitrinosa vede la sua palude prosciugarsi o venire inquinata, oppure venir drenata per crearci un campo di grano o un quartiere residenziale, andrà a sparire da quella zona e di conseguenza tutti gli insetti che da essa dipendono spariranno.


L'importanza degli ambienti diversificati

Piante diverse hanno esigenze di crescita diverse: alcune crescono nella foresta, altre nei prati asciutti, altre in quelli umidi, altre nelle paludi, in montagna, nei fossi, sulla spiaggia ecc... ne consegue che gli ecosistemi con maggior diversità di piante fiorite, e di conseguenza di specie di api, sono quelli in cui sussiste un mosaico di ambienti diversi tutti affiancati fra loro. Questi luoghi sono ormai scarsi: una regione con foreste ancora ben intatte, ma i cui prati sono stati convertiti al pascolo, o viceversa, una regione con prati in abbondanza ma le cui foreste sono state abbattute per legname, avrà meno varietà di ambienti e quindi meno varietà di piante, di conseguenza meno varietà di api (e insetti in generale). È ormai diventata cosa rara che una determinata regione geografica abbia ben conservati tutti i diversi ambienti contenuti in essa. Da qui non può che conseguire, per pura logica, un declino della biodiversità.


L'ape domestica è in competizione con quella selvatica?

Per quanto riguarda la competizione fra l'ape domestica e quelle selvatiche, c'è da dire che esiste evidenza che una densità troppo alta di api da miele in una determinata area sia correlata con una diminuzione della diversità delle api selvatiche. Tuttavia, questo fatto viene talvolta ingigantito per mettere in cattiva luce l'ape da miele e incolparla di essere la causa del declino degli impollinatori. Un'accusa non sempre fondata: una data specie di ape selvatica oligo- o monolettica si nutre quasi sempre di una certa pianta con una struttura floreale particolare, la cui forma accomoda il suo specifico apparato boccale, e che per questa ragione l'ape da miele non riesce o non ha interesse a impollinare. In questo caso non vi è alcuna sovrapposizione delle nicchie ecologiche. Le specie polilettiche potrebbero invece essere esposte a competizione con l'ape da miele per fonti di cibo comuni, ma essendo appunto in grado di impollinare svariate tipologie floreali, è difficile che si ritrovino senza cibo. Dunque, l'effetto competitivo dell'ape domestica nei confronti di quelle selvatiche, sebbene ci sia, va considerato come limitato o quantomeno secondario.


Servono veramente i bee hotels?

C'è inoltre da dire che la recente tendenza di installare ovunque i così detti "bee hotels", ovvero delle piccole capanne di legno con fori di varia ampiezza allo scopo di ospitare i nidi loculari delle api solitarie per "aiutarle", non è basata su solide prove empiriche: quasi sempre, esse vengono abitate da specie quali Osmia cornuta e Osmia bicornis, che sono già di per sé specie molto abbondanti, estremamente polilettiche e poco schizzinose nella scelta del sito di nidificazione, e quindi già per questo a basso rischio. Dunque l'effetto che hanno i bee hotels sulla biodiversità locale è del tutto irrisorio, e la loro utilità effettiva è quasi esclusivamente di natura didattica o osservativa. Detto ciò, anch'io ho un bee hotel e mi diverto a osservare le osmie che fanno la spola fra i tubicini e le fioriture primaverili, è rilassante, mi aiuta a sentirmi in sintonia con la natura anche a casa mia, ma non mi illudo che sia in grado di aiutare in modo significativo la biodiversità locale.


Foto dal web



Api selvatiche

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