Con le sue due gobbe e i 1296 metri di altezza, il Monte Summano si erge sulla pianura alto vicentina come penultima appendice delle Prealpi Vicentine. La storia e la conformazione fisica di questo luogo hanno favorito numerosi misteri e credenze popolari che, ancora oggi, fluttuano attorno a esso. In questo articolo, tuttavia, si tralasciano le più disparate supposizioni, analizzando le motivazioni storico-scientifiche che hanno portato il Summano a essere rinomato per la propria flora, tanto da aver ospitato le ricerche di illustri studiosi fin dalla seconda metà del 1500.
La crescita della fama botanica del monte è strettamente correlata all’aspetto religioso che lo contraddistingue: già da prima del 1300, infatti, si attesta la presenza sulla vetta di un edificio sacro curato, inizialmente, dall’ordine degli Eremiti di San Marco da Mantova e, successivamente, dai frati Girolimini. Questi ultimi, intorno al 1452, eressero in loco un monastero che divenne ben presto un vero e proprio laboratorio botanico dove sperimentare e diffondere il sapere scientifico dell’epoca, attirando, grazie alla sempre più intensa attività erboristica, l’interesse di vari ricercatori.
Inoltre, l’evoluzione geomorfologica, la particolare collocazione e l’ambiente climatico del Monte Summano hanno permesso la coesistenza di differenti situazioni microclimatiche su una superficie notevolmente ristretta. In poche centinaia di metri, infatti, si spazia da zone a clima subalpino, legate al soffio di venti freddi provenienti dalla Val d’Astico che investono il versante settentrionale, ad aree mediterranee capaci di ospitare specie vegetali termofile come il leccio, l’alaterno e il citisio strisciante.
Tale eterogeneità consente l’insediamento di entità vegetali estremamente differenti, alcune delle quali di particolare interesse: il Monte Summano rappresenta l’estremo occidentale dell’areale di distribuzione di specie quali il raro giglio della Carniola (Lilium carniolicum), la subendemica erba perla rupestre (Moltkia suffruticosa subsp. suffruticosa) e la Gentiana lutea subsp. symphyandra. Nella zona rocciosa delle creste è presente il raponzolo di roccia (Physoplexis comosa), specie endemica delle Alpi meridionali che, sul Summano, è in grado di scendere fino a quote di 200 – 300 metri. Di notevole interesse è, inoltre, il raro iris del Cengialto (Iris cengialti) che si accresce in pochissime stazioni tra il Summano e le pendici dei Sette Comuni.
Impossibile non citare le orchidee, che con una trentina di specie, alcune delle quali molto rare, popolano i vari habitat della montagna (Anacamptis papilionacea, Orchis pallens, Serapias vomeracea, Orchis simia e varie Ophrys). Purtroppo questa famiglia, come molte altre residenti nella zona, risente dei cambiamenti climatici, dell’attività antropica e, soprattutto, del progressivo incespugliamento dei prati aridi causato dall’abbandono delle attività di sfalcio e pascolamento. È stimato che, annualmente, circa l’1% dei prati del Summano vengano persi per incespugliamento spontaneo e tale processo, se non arginato, può causare la rapida scomparsa di un patrimonio floro-faunistico attualmente comune e di fondamentale importanza.
Testo di Giacomo Gasparini, foto di Giacomo Gasparini e Marco Vicariotto
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