Oggi parliamo delle Rotte del Guà, una zona umida ubicata fra Trissino e Arzignano e che di recente è stata interessata dai lavori di costruzione di un bacino di laminazione. L’area, da poco diventata zona ZRC (Zona Ripopolamento e Cattura), è (era?) uno scrigno di biodiversità, non solo in quanto luogo di passaggio migratorio e di svernamento per numerosissime specie di uccelli, ma anche come importante sito di nidificazione per numerosissime specie di uccelli, molte delle quali rigorosamente protette, in declino o in grave minaccia, come l’ormai localmente estinta bigia padovana (Sylvia nisoria), il topino (Riparia riparia), lo strillozzo (Emberiza calandra), l’assiolo (Otus scops), il gruccione (Merops apiaster), il lodolaio (Falco subbuteo), il beccamoschino (Cisticola juncidis).
Per tutelare la riproduzione di topini e gruccioni, alle Rotte del Guà sono stati spesso bloccati i lavori e sono state create delle pareti ad hoc in cui questi animali possano scavare i propri nidi in sicurezza e completare la nidificazione con successo. In questo momento, infatti, le Rotte del Guà rappresentano uno dei pochi siti di nidificazione rimasti in Veneto per il topino, una piccola rondine che scava il proprio nido su pareti sabbiose e che manca nella maggior parte dei torrenti e fiumi del Veneto, dato che spesso questi sono stati arginati con l’uso di cemento o sassi.
Oltre a ciò, questo sito rappresenta anche un luogo di passaggio migratorio e di svernamento prediletto da molteplici specie di uccelli, poiché è una zona umida molto attrattiva, ricca di nutrimento e poco disturbata dall’uomo. Tra i più rari e minacciati ricordiamo l’averla maggiore (Lanius excubitor), la cannaiola verdognola (Acrocephalus palustris), il gufo di palude (Asio flammeus), il falco della regina (Falco eleonorae), il calandro (Anthus campestris), la pispola golarossa (Anthus cervinus), la cicogna nera (Ciconia nigra), il nibbio bruno (Milvus migrans) e l’albanella minore (Circus pygargus), solo per citarne alcuni.
Per portare alla luce alcuni dati, nel periodo 1970-2021 alle Rotte del Guà sono state segnalate 146 specie di uccelli, di cui 72 probabilmente, possibilmente o sicuramente nidificanti (i dati sono calcolati per difetto, per mancanza di costanza nelle osservazioni, nella conservazione dei dati e per la lacunosità dei dati storici).
La ricchezza della biodiversità presente nelle Rotte del Guà, che negli ultimi anni sta suscitando un discreto interesse fin oltre i confini della Regione e molta ammirazione e attaccamento tra i cittadini della Vallata, è dovuta a molti fattori: tra i più importanti, ricordiamo la presenza costante di acquitrino, di ampie zone incolte dove gli uccelli possono rifocillarsi e anche cacciare, delle succitate sponde sabbiose e il divieto di caccia in vigore nel bacino a nord. L’acquitrino, infatti, attira numerosi uccelli cosiddetti limicoli e trampolieri, i quali cercano il proprio nutrimento nell’acqua bassa e limacciosa, come il beccaccino (Gallinago gallinago), il cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus), il corriere piccolo (Charadrius dubius), il frullino (Lymnocryptes minimus), il piovanello pancianera (Calidris alpina) e il piro piro boschereccio (Tringa glareola), tutte specie segnalate in loco. Uccelli come lo strillozzo (Emberiza calandra), il saltimpalo (Saxicola torquatus) e il raro calandro (Anthus campestris) non nidificherebbero senza l’incolto; stormi composti da centinaia di cardellini (Carduelis carduelis) e fanelli (Linaria cannabina) non si fermerebbero a becchettare i semi di Artemisia, che costituisce gran parte dell’incolto, e la svernante averla maggiore (Lanius excubitor) non caccerebbe senza la presenza di questi grandi stormi.
Da non tralasciare, anche se qui discussa solo marginalmente, l'importante presenza di una ricca teriofauna, tra cui il lupo (Canis lupus), il tasso (Meles meles), il capriolo (Capreolus capreolus), la lepre (Lepus europaeus), il riccio (Erinaceus europaeus), la donnola (Mustela nivalis) e da anfibi tra cui le raganelle (Hyla intermedia) e i rospi smeraldini (Bufotes viridis). Questi anfibi vengono osservati nelle zone acquitrinose, soprattutto nel periodo primaverile dell’accoppiamento, e necessitano di azioni di tutela per garantire lo sviluppo delle nuove generazioni, dalla ovodeposizione (tra febbraio e marzo) all'uscita dall'acqua dei girini divenuti neometamorfosati (a giugno). Sono stati osservati anche insetti rari, quali la mantide di Spallanzani (Ameles spallanzania), e rettili molto localizzati come la lucertola campestre (Podarcis siculus).
Gran parte delle specie di animali presenti durante l’anno nella zona delle Rotte del Guà sono tutelate dalla normativa europea e, quindi, da quella italiana (D.P.R. 357/97 “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche” e L. 157/92 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”). In sintesi, tale normative vietano di catturare o uccidere esemplari nell'ambiente naturale; perturbare le specie, in particolare durante tutte le fasi del ciclo riproduttivo o durante l'ibernazione, lo svernamento e la migrazione; distruggere o raccogliere le uova e i nidi nell'ambiente naturale; danneggiare o distruggere i siti di riproduzione o le aree di sosta. La zona ZRC appena ottenuta in fase di approvazione del Piano Faunistico Venatorio fa sì che all’interno dell’intero bacino la caccia sia vietata, ma che il bacino possa essere utilizzato come “serbatoio” faunistico dove gli animali possono riprodursi e venire successivamente catturati dal personale competente e rilasciati altrove.
Come Naturalisti Vicentini auspichiamo che, nonostante la profonda e probabilmente irrimediabile modifica degli ambienti delle Rotte per la creazione del bacino, almeno venga mantenuta, nei limiti del possibile, la zona incolta nelle aree golenali soggette a eventuale inondazione, in modo tale che gli animali che la utilizzano come rifugio e zona di alimentazione e di riproduzione possano continuare a contare su questa presenza, ricordando che il declino di numerosissime specie di uccelli è dovuto alla distruzione e frammentazione di ampie zone umide e incolte. Ciò che può risultare “disordinato” agli occhi umani, infatti, è un vero paradiso per la natura. Sarebbe un paradiso ornitologico, poi, se venisse mantenuto, nei limiti del possibile e in base alla stagionalità della portata idrica, un livello minimo di acquitrino nelle zone soggette a inondazione, anche utilizzando le opere idrauliche in essere, per garantire la presenza il più possibile costante della storica zona umida tanto attrattiva per l’avifauna e per gli anfibi. Ci auguriamo inoltre che, se la zona o una parte dovesse comunque venire destinata all’uso agricolo, vengano prediletti prati stabili o pascoli alle monocolture intensive e che venga necessariamente considerata la presenza di corridoi ecologici tra le varie colture e di una buona percentuale di incolto e zona umida. Da non tralasciare, infine, l’importanza di evitare rasature continue degli argini e dei cigli, soprattutto durante il periodo di fioritura delle piante spontanee, per far sì che gli impollinatori e gli invertebrati possano trovare nutrimento, riparo e luogo sicuro per svilupparsi e riprodursi.
Invitiamo tutti i nostri lettori a visitare questo magnifico luogo e a contribuire con noi nel monitorarlo e richiedere costantemente la tutela della biodiversità che lo contraddistingue.
Testo a cura di J. Peruzzo e M. Vicariotto
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